Dalla nebbiosa San Francisco il piccolo studio Humble Games ci propone, in concomitanza con l’imminente Halloween, un sentito tributo agli horror classici con Signalis, la sua ultima opera. Dopo l’appagante Moonscars (qui la recensione) questo studio cerca di dimostrare una volta di più che, anche a fronte di mezzi tecnici ed economici non da prima fascia, si possa realizzare un prodotto con personalità ed in grado di farsi notare grazie a scelte stilistiche e grafiche inedite e ben ponderate. Come accennato Signalis rimanda nemmeno troppo velatamente ai primi Resident Evil, per intenderci quelli dal ritmo compassato e ragionato, con mostri che ti braccano implacabilmente ma senza ricorrere agli atletismi tipici dei capitoli più recenti. Questa formula viene declinata in uno stile grafico molto particolare e con un canovaccio narrativo che richiama classici degli horror sci-fi come Dead Space o Alien. Proprio il tratto grafico è un aspetto estremamente caratterizzante di questo titolo, una pixel art piuttosto oscura, non troppo dettagliata, talvolta solo accennata ma in grado di evocare in maniera molto chiara quanto avviene a schermo. Questo unitamente ad alcune sequenze animate di intermezzo che nel tratto e nei colori sembrano voler richiamare un mood che varia da Ghost in the Shell a Evangelion. Signalis è un titolo non immediato da digerire sia nel suo aspetto grafico che, come vedremo, nel suo incedere compassato a livello di giocabilità, una fruizione volendo un pò in controtendenza con quanto va per la maggiore oggigiorno. Il titolo di Humble Games è infatti un gioco “lento”, in un’accezione non necessariamente negativa come si potrebbe pensare, più attaccato al progressivo senso di scoperta che proveremo nel dipanarsi della trama che ad una componente action solo accennata.
Signalis è ambientato in un futuro distopico nel quale domina un regime in grado di permeare qualsiasi aspetto della vita della popolazione. Perennemente alla ricerca di maggiori profitti la politica industriale degli Eusan, caratterizzata da violenza e controllo, inizia la produzione di massa di androidi, i Replika, mera carne da macello, facilmente sfruttabile e sostituibile in catena di montaggio. Come spesso avviene in questi casi qualcosa va drammaticamente storto, e così Elster, la nostra protagonista incaricata del controllo qualità sui Replika, si ritroverà a dover esplorare una base sperimentale spaziale solo apparentemente abbandonata. L’aspetto narrativo dell’opera è parte fondamentale dell’esperienza di gioco, approfondire ulteriormente quindi la trama sarebbe difficile senza incorrere in spoiler. Basti sapere che l’intreccio, coerentemente con l’esperienza visiva, è piuttosto opprimente, ansiogeno ed in grado di far sorgere più di un quesito etico su quanto stiamo vivendo. L’aspetto horror vive più di suggestioni che di reali spaventi, più sull’attesa di quello che potrebbe accadere, aspetto accentuato da una colonna sonora spesso muta se non per improvvisi effetti sonori da casa (o meglio base spaziale) stregata. Per quanto riguarda i “signalis” cui il titolo del gioco fa riferimento ben presto avremo accesso ad una radio, con la possibilità di intercettare misteriose frequenze, segnali appunto, fondamentali per cogliere un codice di sblocco o un suggerimento tramite il quale procedere oltre.
L’esperienza di gioco è in linea con i più classici dei survival, troveremo quindi pochissime munizioni e ancora meno bende ed elementi per ripristinare l’energia. Ben presto saremo chiamati a scegliere tra abbattere il nemico che ci si pone di fronte, fuggire con poco onore o cercare di sgattaiolare senza essere visti. Il senso di ansia e costrizione pervade ogni angolo della ex-stazione spaziale abbandonata. Avremo nel nostro armamentario la possibilità di utilizzare un’arma a lunga gittata (es. pistola) ed una a breve gittata (es. taser), ed altri quattro accessori che vanno a completare il nostro equipaggiamento, che può includere appunto un massimo di sei oggetti. La cosiddetta “rule of six” è infatti una delle leggi introdotte dal regime dittatoriale, in grado di influenzare anche aspetti in game, in un divertente rimando tra narrazione e giocabilità. Le bende con le quali ripristinare l’energia e la possibilità di combinarle in modo da ottenere elementi salvifici più potenti è anche in questo caso un omaggio piuttosto chiaro al capolavoro Capcom. La narrazione avanza prevalentemente tramite una serie di pagine di diario, file e documenti rinvenuti che troveremo sparsi qua e là piuttosto che tramite dialoghi con altri personaggi, dato che i vivi che incontreremo non saranno poi molti. La mappa di gioco ci verrà spesso in soccorso evitandoci di girare senza meta per le varie stanze, rischiando di imbatterci in combattimenti evitabili, anche se, come accennato, la parte action o di combattimento non è particolarmente rilevante né avvincente.
La recensione
Un sentito omaggio ai classici survival horror che hanno fatto la storia del genere. Declinare in pixel art un Resident Evil in salsa Dead Space è un esperimento interessante e piuttosto ambizioso, che tuttavia Humble Games è riuscito a portare a casa con un buon prodotto. Il ritmo di gioco è parecchio compassato ma la resa stilistica e la narrazione tengono in piedi più che dignitosamente la produzione facendone un bel passatempo per le circa 10 ore necessarie a portarlo a termine.
MA come ? solo 6.5 ? e io che ci tavo facendo un pensierino! 🙁
Ehbsi, evidentemente ha sia pregi che difetti!