La gestione delle (numerose) morti del nostro personaggio è qualcosa di molto particolare e strategico per l’avanzamento dell’avventura. Ogni volta che infatti moriremo sul campo di battaglia il nostro corpo rimarrà steso in quel punto per alcuni minuti prima di scomparire definitivamente. Starà a noi decidere se tornare quanto prima in quel punto o lasciar perdere, consci però che in questo secondo caso perderemmo tutto l’equipaggiamento e l’esperienza accumulata. Altra opzione sarà quella di “aggiustare” l’androide perduto in modo da ottenerne un potentissimo partner in battaglia che rimarrà al nostro fianco per alcuni minuti, prima di scomparire.
La regia è anch’essa di alto livello, con un frequente cambio di inquadrature mai invasivo e sempre sul pezzo nel fornirci una chiave di lettura nuova e sorprendente di quanto accade a schermo. Il taglio prettamente cinematografico delle inquadrature non toglie comunque nulla all’esperienza di gioco, che ne trae invece grosso giovamento, persino durante i combattimenti, orchestrati quasi come fossero delle danze. Spesso verrà abbandonata la classica visuale in terza persona per passare ad una visuale side scrolling laterale, oppure ad una visuale bidimensionale dall’alto. Di pari passo cambierà anche l’esperienza di gioco, aspetto davvero emblematico della capacità di svariare da un genere all’altro da parte degli sviluppatori, rimanendo comunque coerenti con il mood generale dell’opera. Ci ritroveremo infatti già dopo la prima ora di gioco ad aver affrontato sezioni di sparatutto a scorrimento verticale, shoot’em up in orizzontale, adventure platform e molto altro. La storyline principale è affiancata da un cospicuo quantitativo di quest secondarie, premiate con punti esperienza, armi rare e denaro. Tuttavia la gestione della mappa e quindi delle missioni risulta a volte un pò confusionaria, rendendo un pò arduo riuscire a tenere le fila dell’obbiettivo che stiamo perseguendo e della strada che dobbiamo fare per raggiungerlo.
Fin qui tuttavia sono tutti elementi bene o male conosciuti e che comunque sono propri di NieR:Automata già dalla versione multipiattaforma. È vero che stiamo parlando di un titolo di 5 anni fa tuttavia è chiaro che si sono resi necessari dei compromessi a livello tecnico per consentire un utilizzo fluido di questo titolo anche su Switch, in particolare dal punto di vista grafico e del frame rate. Il downgrade più importante è inerente il passaggio da 60fps a 30fps. E’ innegabile che la differenza c’è e si nota tutta, dato che anche graficamente qualche piccolo compromesso è stato fatto. Tuttavia il gioco scorre in maniera davvero fluida anche nelle fasi di battaglia più confuse, gli effetti particellari sono ottimi e tutto sommato il colpo d’occhio rimane notevole, ed è quindi possibile soprassedere su qualche imperfezione grafica pur di avere questo titolo per Switch. La nuova modalità di fruizione di questo titolo in mobilità è davvero qualcosa di molto piacevole, considerando anche che i punti salvataggio sono piuttosto lontani l’uno dall’altro. La possibilità di mettere la console in stand-by nel bel mezzo di un viaggio verso una nuova location è qualcosa di allettante e che rende Nier Automata quasi un gioco nuovo, comunque fruibile in maniera molto diversa. E’ stata inoltre implementata in questa versione la possibile di sfruttare il sensore di movimento per attivare le schivate laterali e frontale, tuttavia risulta una feature piuttosto impegnativa da padroneggiare con il giusto tempismo.
La recensione
NieR:Automata The End of YoRHa Edition è un gioco che ha davvero bisogno di poche presentazioni, dato che ancora oggi a 5 anni dal lancio è uno dei migliori action rpg sul mercato. Questo porting per Switch è stato realizzato con grande cura e scorre in maniera davvero fluida e godibile. I downgrade necessari per poter girare su Switch si notano ma non inficiano l'esperienza di gioco in maniera significativa. Tuttavia per questo motivo rimane un titolo consigliato prevalentemente a chi non ha ancora vissuto le avventure di 2B su altre console.