Howard Phillip Lovecraft era un personaggio quantomeno controverso, a livello umano. Misogino, agorafobico, razzista e ipocondriaco, di certo non trasmetteva un senso di progressismo e apertura mentale verso il prossimo. Eppure, la mente la apriva eccome, anche se in momenti onirici e territori fantasiosi, tanto da arrivare a creare una vera e propria cosmogonia dell’orrore, capace di segnare l’immaginazione di intere generazione a lui successive. Una mente raccapricciante, dunque, sotto tutti i punti di vista, in grado di ispirare film, libri e ovviamente videogame. Tra questi, davvero innumerevoli, l’ultimo esempio è The Source of Madness, pronto a mettere in scena il terrore insondabile generato dai Grandi Antichi. Preparatevi dunque a tremare, e a morire.
Il gioco indie qui preso in esame ci fionderà di prepotenza all’interno di un contesto narrativo e diegetico a dir poco desolante: orribili mostri hanno devastato a distrutto il mondo degli umani, conquistandolo dall’alto della loro forza e della loro natura aliena, così superiore e soverchiante da non lasciare scampo ad alcun tipo di resistenza o sopravvivenza. O quasi. In realtà una piccola setta di misteriosi accoliti e adepti è riuscita a ritagliarsi un fortino sicuro nella Torre della Follia: un punto di partenza da cui lanciarsi all’avventura per contrastare, per quanto possibile, la paura che ha ammorbato le Terre di Creta, cercando di non morire e, alla fine del nostro percorso, arrivare alla Fonte della Follia, sperando di trovare la soluzione al male che infesta il mondo di gioco. Inizialmente spaesati da ambienti ermetici, NPC sull’orlo della pazzia e privi di qualsivoglia indicazione, nonché di armamentario, ci troveremo a vagare apparentemente senza meta, salvo poi recuperare il nostro primo equip e, da qui, distruggere il portone della Torre e affrontare l’orrore che ci attende al di fuori.
Dal punto di vista del genere e della giocabilità, The Source of Madness è un classico action a scorrimento orizzontale, con una struttura fortemente roguelite, seppur non puramente roguelike (laddove la distinzione tra questi due sottogeneri è ovviamente sottile, e si innesta nel mantenimento almeno parziale di un senso di progressione nell’arco dell’avventura, senza che essa vanifichi ogni avanzamento compiuto dal giocatore durante ciascuna “run“). La nascita e la rinascita del nostro avatar ci vedranno impersonare un accolito diverso ogni volta, ciascuno appartenente a una specifica classe di combattenti e, pertanto, dotato di un armamentario particolare. Con quanto avremo a nostra disposizione, il nostro compito sarà sempre il solito: uscire dalla Torre e affrontare livelli dopo livelli popolati da creature mostruose che si pareranno sul nostro cammino con il solo obiettivo di annientarci. Il nostro scopo sarà al contrario e contro ogni previsione quello di sopravvivere, superare una dopo l’altra le 9 macro aree di gioco (biomi) pensati dal piccolo team di sviluppo e raggiungere il traguardo finale. Al termine di ognuna di queste regioni potremo spendere i collectible accumulati lungo l’avventura in determinati negozi, atti a migliorare le nostre caratteristiche magari per superare il boss che ci attende di lì a poco, anche se sarà a nostra discrezione decidere se, invece, conservare l’esperienza accumulata per potenziare abilità generali dell’avatar, una volta sconfitti e rinati. Questo apporterà migliorie generiche e generali al nostro combattente, migliorando le nostre chance di battaglia a ogni nuovo tentativo. La gestione di questo aspetto delle risorse, sempre e comunque limitate, appare piuttosto strategico e ben bilanciato, affermandosi come uno degli aspetti più intriganti e riusciti del gioco.