Dal Giappone con…FuRyu, ecco arrivare Crystar, un classico action JRPG con un twist particolare; se infatti la produzione orientale si muove lungo il solco tracciato da numerosissime produzioni prima di lei, sia sotto il profilo estetico (fortemente “manga/anime“) che per quanto concerne la struttura di gioco (sostanzialmente un gioco di ruolo con combattimenti in tempo reale), dall’altro riesce a ritagliarsi uno spazio di originalità nel panorama delle vostre Nintendo Switch, sperando di poterlo fare anche nei vostri cuori di appassionati. Un richiamo emotivo non casuale, visto il contesto narrativo particolare che caratterizza l’opera qui presa in esame, intenzionata a porre al centro dell’avventura proprio emozioni e sentimenti, al di là e al di sopra delle semplici interazioni ludiche. Un esperimento a tratti audace, nei toni e nelle atmosfere, anche se meno coraggioso invece per quanto riguarda gli aspetti di programmazione e interazione. Ma andiamo per gradi.
Il titolo si apre in un contesto onirico che scopriamo presto essere il Purgatorio, dove le anime dei defunti si tramutano in farfalle luminose fintanto che non siano in grado di recuperare la coscienza di sé: tra esse, la protagonista delle vicende qui narrate che, muovendo i primi passi in questo scenario fantastico, recupera brandelli di memoria: pochi frammenti, che le permettono però di ricordare come lei e la sorella minore siano improvvisamente state trasportate nell’aldilà per motivi misteriosi. Motivi che verranno poi via via disvelati proseguendo con il percorso del canovaccio, ma che sin dalle battute iniziali lasciano intravedere personalità adolescenziali problematiche e drammi psicologici esasperati nel Giappone moderno di oggi. Sospinta dal desiderio di scoprire di più sul destino suo e della piccola da proteggere, la ragazza che simboleggia il nostro avatar troverà presto sulla sua strada alleati, compagne ma anche una folta schiera di nemici: armata del potere delle debolezze sue e degli altri, dovrà farsi strada lungo diversi dungeon ed eliminare orde di nemici per progredire e, infine, riuscire a risolvere il mistero del distacco suo e della sorella dal mondo dei vivi.
Dal punto di vista strutturale il gioco è suddiviso in due contesti situazionali differenti: da un lato, l’HUB da cui pianificare le proprie caratteristiche prima di affrontare ogni nuova battaglia, selezionando statistiche ed equipaggiamento come in ogni gioco di ruolo che si rispetti; dall’altro il Purgatorio, fatto di scenari tanto ispirati artisticamente, quanto ripetitivi dal punto di vista del level design. Se la cameretta di Rei Hatada appare un ambiente ben curato nella sua capacità di proporre i classici elementi interattivi per l’impostazione del nostro piano d’attacco, calandoli nella realtà di una adolescente giapponese con tanto di cane da accarezzare e, ovviamente, cellulare per entrare in contatto con i nostri “partner in crime“, dall’altro l’aldilà risulta piuttosto contraddittorio. L’ambientazione generale è infatti davvero evocativa, con i suoi scorci paesaggistici davvero ben riusciti, fatti di blocchi fluttuanti e moltissime lame sospese, nel vuoto di uno spazio apparentemente infinito ma sempre baciato dalla luce di un infinito crepuscolo. Purtroppo, però, il tutto viene poi declinato in corridoi sempre uguali e ripetitivi che finiranno per affliggere l’entusiasmo iniziale con un senso di spreco piuttosto evidente. Nell’insieme, comunque, il gioco riesce nel trasmettere questo disturbante paradosso fatto dalla contrapposizione tra un ambiente sicuro e familiare, avvinghiato però da un senso di mortale apatia e da un letale immobilismo, e uno alieno ed alienante, ma capace di portare con sé il valore rassicurante del “fare”, potendo nel Purgatorio entrare in azione per progredire e risolvere dubbi, enigmi e problemi.