La seria di Atelier, realizzata da Gust e pubblicata da Koei-Tecmo, è sempre stata legata al marchio PlayStation, fintanto che…beh, fintanto che il nuovo proprietario (cioè Koeti-Tecmo) non ci ha visto lungo, in merito al successo di Nintendo Switch, e non ha iniziato a portare sulla console ibrida della casa di Kyoto qualunque cosa fosse in grado di girarci: tonnellate di Musou, ma, appunto, anche tonnellate di alchimia. Sì perché nel giro di pochi anni su Switch sono usciti davvero moltissimi titoli di questa serie JRPG, dove combattimento, esplorazione e gestione delle risorse si fondono, in avventure dal tono fiabesco e caratterizzate dalla presenza di dolci fanciulle protagoniste. Tra riproposizioni di vecchi capitoli, corpose raccolte e porting tardivi, ecco che mano a mano Gust si è riallineata a tempi di sviluppo e pubblicazione che hanno visto Switch sempre più al centro della loro attenzione, arrivando con la duologia di Ryza a ottimi risultati sotto tutti i punti di vista. Ottima resa grafica, ottimizzazione delle prestazioni, contemporaneità dell’uscita rispetto alle versioni per altre piattaforme e, in generale, un trattamento di primo piano per l’hardware di riferimento. Tutti fattori mantenuti integri anche in Atelier Sophie 2, sbarcato sui lidi della grande N in contemporanea e con valori di produzione di prim’ordine, pronto a farsi amare anche dal suo “nuovo” pubblico.
Contrariamente alla tradizione del franchise, dopo due avventure con la medesima protagonista, all’interno del medesimo universo narrativo e con una impostazione tra combattimenti e alchimia ovviamente similare, Gust decide di riprendere una protagonista del passato e di riproporne il proseguo delle avventure. Solitamente, le produzioni legate a questo brand si articolano lungo un arco narrativo strutturato a trilogie, dove tre diverse fanciulle si alternano per portare avanti un canovaccio semi-indipendente, ma legato dalla coerenza del mondo di riferimento, con diversi tratti comuni sia sotto il profilo del racconto, che delle dinamiche ludiche. Con Ryza questa tradizione è stata spezzata, probabilmente per l’enorme successo della ragazza stessa che, essendo al centro dei maggiori successi commerciali della serie stessa, è stata mantenuta come protagonista del secondo episodio della “duologia”, seguito diretto delle sue prime gesta di interazione videoludica. Rompendo però ancora una volta gli schemi col passato, lo sviluppatore ha deciso di andare a ripescare Sophie per la sua nuova fatica di programmazione, protagonista di uno dei tre capitoli della Trilogia dei Sogni uscita in passato. A partire quindi dai personaggi e dalle gesta narrate in uno dei capitoli di una delle trilogie già pubblicate in passato, ecco che Gust è pronta a riportarci nelle terre degli alchimisti dei sogni, per un’avventura tutta nuova.
Il titolo qui preso in esame, infatti, prende il via esattamente dove le avventure della protagonista e delle sue amiche si erano interrotta, sospinte dagli strani sogni di Platcha che porteranno le due ragazze alle radici di un misterioso albero magico: esso in realtà non è altro che il portale verso un mondo di sogno, governato da un’alchimista dal nome conosciuto, dove alcune persone selezionate vengono trasportate, per plasmare questo universo grazie alle loro visioni oniriche. Giungendo nel mondo parallelo che sarà scenario della nuova avventura, le due protagoniste verranno separate e Sophie inizierà un nuovo viaggio alla scoperta delle particolari dinamiche che caratterizzano questi luoghi, accompagnata da diversi nuove figure, che altro non saranno se non i suo i compagni di party. Sì perché le dinamiche di gioco saranno poi quelle tipiche di molti JRPG: numerose aree da esplorare, indagandone i meandri e i recessi più nascosti, alla ricerca di passaggi verso altre zone, particolari NPC con cui dialogare per attivare nuove sezioni della trama, raccogliendo i diversi materiali sparsi lungo i percorsi e combattendo i numerosi mostri che si frapporranno fra noi e i nostri obiettivi. In questo ambito, The Alchemist of the Mysterious Dream di comporta più che egregiamente, con un sistema di combattimento non rivoluzionario, ma piuttosto fresco e attento a quelle che ormai, oggigiorno, potremmo definire chicche di QoL obbligtorie, per non apparire troppo ancorato al passato. Niente scontri casuali, essendo i nemici sempre visibili a schermo nelle mappe delle diverse location; nessuna schermata di caricamento tra gli ambienti di combattimento e quelli da esplorare; un insieme di elementi strategici che riescono a non appiattire nella più banale noia i numerosi scontri che dovrete affrontare, tra diversi tipi di attacco, elementi magici, barre dei potenziamenti, colpi combinati tra due membri del party, senza contare il sistema di difesa reciproca, capace di abbassare notevolmente i danni subiti dai nostri eroi. Il tutto finisce per risultare piuttosto dinamico, non eccessivamente complicato ma allo stesso tempo nemmeno superficiale, trasmettendo un discreto senso di soddisfazione al fruitore.