Happy Game: la recensione

Why so serious? Oppure no..? Disturbo e divertimento possono convivere? Scopriamolo assieme ad Amanita Design (quelli di Machinarium, per capirci!)

Il presupposto narrativo di una mente problematica, incastrata nel proprio subconscio onirico, intrecciato con le dinamiche ludiche di un puzzle game anti-intuitivo ci guidano passo passo all’interno di una descrizione estetica semplicemente sublime, che è al tempo stesso causa e conseguenza delle difficoltà di progressione che dovremo superare pur di proseguire nell’avventura. Il marchio di fabbrica di una direzione artistica fuori da consueti canoni, portatrici di forti valori simbolici oltre che di evidenti valori stilistici è tipica di Amanita Design e, se possibile, in Happy Game si fa ancor più sintetica (e quindi potente) di quanto già avvenuto in Machinarium. Il bianco e nero, accompagnato da improvvisi scoppi di colore; l’eccesso di colore fanciullesco, stridente rispetto all’inquietudine emanata dagli esseri che popolano questo mondo; la cura maniacale del suono, non tanto con una vera e propria colonna sonora quanto con l’insieme di rumori ed effetti emessi o emanati dall’avatar o dai vari elementi ambientali (animati o meno) con cui verrà in contatto. Tutto, in questa opera, si amalgama alla perfezione dal punto di vista sensoriale, per un prodotto che lega in maniera simbiontica la vista e l’udito attraverso la necessaria e obbligatoria sintesi interpretativa richiesta al fruitore, per raggiungere un barlume di comprensione. Come avviene davanti a un’opera d’arte, d’altronde.

Happy Game | Giochi scaricabili per Nintendo Switch | Giochi | Nintendo

Pare quasi superfluo parlare di lato tecnico in Happy Game: il gioco chiede molto poco all’hardware di riferimento, con una grafica 2D semplice e minimalista e ambienti di gioco ridotti all’osso. Eppure tutto appare estremamente curato: dagli effetti di illuminazione alle splendide schizofreniche animazioni messe a schermo, senza contare il già citato comparto sonoro. Tutto è semplice, eppur complesso. Ancora una volta torna prepotente il parallelismo ad opere d’arte espresse tramite diversi mezzi di comunicazione, ma accomunate dalla sagace interpretazione autoriale di pochi elementi, capaci però di venir assemblati in maniera inaspettata, così da ottenere un effetto finale che è più della somma delle singole parti. E come ogni opera d’arte, la sua fruizione puramente individuale e soggettiva arriva a una fine, forse troppo presto. Se vogliamo trovare un difetto evidente (oltre a dinamiche di interazione col giocatore effettivamente molto limitate, va detto) è la longevità: dopo due o tre ore, la seduta della psicanalista arriverà a una conclusione. Ma chissà, forse sarà comunque valsa la pena, di andare in terapia da Amanita Design.

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La recensione

7.5 Il voto

Quando il prodotto è più un'esperienza interattiva che un vero e proprio gioco, si corre il rischio di non restare coinvolti nell'avventura proposta dal game designer, restandone sostanzialmente estranei. Ma se il carico artistico è potente, sia sotto il versante estetico che per quanto concerne quello della suggestione, allora il "gioco" vale la candela.

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