In questo ambito, il gioco offre movimento libero per i nostri personaggi, entro un raggio di azione determinato dalla necessità di spendere dei “punti” a nostra disposizione ogni volta che toccherà ai nostri eroi decidere il da farsi: coprire una distanza più ridotta ci porterà a spendere soltanto uno di questi punti, lasciandone ad esempio due per l’esecuzione degli attacchi fisici ravvicinati, solitamente capaci di arrecare danni maggiori di quelli a distanza. Ma ciascun protagonista avrà le sue proprie caratteristiche, come la capacità di attaccare dalla distanza grazie a un arco o a un incantesimo, per cui ovviamente ogni azione dovrà essere adeguatamente ponderata a seconda delle circostanze del momento. Il tutto senza dimenticare né le azioni particolari (come la capacità di alcuni avatar di utilizzare un rampino per agganciare un nemico lontano, attirandolo a sé, colpendo anche altri avversari che si trovano lungo la traiettoria di rientro; o ancora la possibilità di scalciare i mostri, facendoli finire contro altri soldati così da causare spesso e sovente danni doppi); né la peculiarità forse più intrigante di Fort Triumph e cioè l’interattività ambientale. Il motore fisico, infatti, pur non mettendo a schermo nulla di eclatante come ad esempio in produzioni più complesse come The Legend of Zelda: Breath of the Wild, offre quel pizzico di varianti e variabilità in più che non guasta mai. Ed è così che, per esempio, saremo spesso sollecitati nel cercare spunti di interazione con il mondo di gioco, cercando ad esempio di sradicare un albero con la magia del vento, per farlo ricadere contro i nostri avversari, piuttosto che valutare la posizione di massi e rocce contro i quali far finire i malcapitati che si paleseranno sul nostro cammino, spingendoli in determinate direzioni per causare danni maggiori. I punti ferita ottenibili da queste dinamiche, tendenzialmente sempre maggiorati, uniti alla possibilità di stordire le truppe di mostri contro le quali saremo in battaglia, impedendo loro di compiere qualsivoglia azione durante il loro turno, saranno incentivi sufficienti per non lasciar cadere nel dimenticatoio queste particolari dinamiche ludiche.
La direzione artistica del gioco dobbiamo ammettere che non ci ha entusiasmati, al contrario degli elementi puramente interattivi, tradendo in qualche modo quella sindrome da “character design by mobile” che troppo spesso si è ormai diffusa in svariate produzioni moderne sia sul mondo PC che su dispositivi smart. Questa critica vale in realtà soprattutto per i menu e le interfacce, davvero banali, scialbe e assolutamente prive di qualsivoglia personalità caratterizzante. Un peccato, visto il discreto livello ironico o comico della sceneggiatura e dei testi che accompagnano i vari intermezzi di gioco. Una mancanza di stile che resta lacunosa anche per quanto concerne il versante sonoro, sostanzialmente dimenticabile. Per fortuna, invece, l’accompagnamento tecnico non mostra il fianco a grandi mancanze e, pertanto a grandi critiche, se non per caricamenti forse troppo frequenti, più che lunghi o tediosi di per sé. Vuoi per la natura piuttosto semplice del gioco, fatto di piccole arene di combattimento e fasi di gioco strutturate con una continua alternanza di turni, la fluidità e la qualità dell’immagine sorreggono la fruibilità del prodotto, soprattutto in modalità portatile (laddove su schermo TV si tradisce una certa povertà poligonale, sia per i personaggi che per gli ambienti, resta in realtà più evidente di quanto non sarebbe lecito dalla già citata mancanza di una spiccata direzione artistica).
La recensione
Ironia e giocabilità sorreggono una struttura poco ispirata sul versante artistico, fornendo ai possessori di Switch un buon titolo strategico, dove mettere a frutto le proprie capacità di analisi amibentale in guerre sempre in bilico tra la rovina e...la risata