CyberConnect 2 è un team di sviluppo giapponese molto proficuo e talentuoso, anche se spesso non così tanto conosciuto dal pubblico di massa. Questo paradosso è dovuto soprattutto al fatto che il gruppo di programmatori è piuttosto piccolo e nella maggior parte dei casi serve da braccio armato (proprio per la capacità dei suoi membri nel districarsi tra le potenzialità dei diversi hardware e dei relativi pubblici di acquirenti con grande maestria) per publisher più grandi, famosi e conosciuti (come Bandai-Namco) nella realizzazione di progetti dal budget significativo, spesso a licenza (per lo più manga). Tail Concerto o Solatorobo sono stati invece due dei loro progetti indipendenti e originali, capaci di gettare le fondamenta di un unico universo narrativo comune, popolato da creature zoomorfe e dalla forte impronta (!!!) stilistica di derivazione francese, lasciando il segno dei cuori di quei (purtroppo pochi) fortunati che hanno avuto la chance di fruire delle loro opere anche al di fuori dei progetti più altisonanti su commissione. Gaudio e gioia quindi oggi, quando grazie al successo di Switch, all’accessibilità dei motori middleware come l’Unreal Engine 4 e alla inarrestabile espansione degli store digitali e degli acquisti virtualizzati, CyberConnect2 ha trovato il modo di proporci una ulteriore e inedita fatica, frutto della loro passione più sfrenata e sincera. Benvenuti alla recensione di Fuga: Melodies of Steel!
Il gioco è ambientato in un mondo di creature umanoidi dalle fattezze che rimandano sia a canidi che felini, solitamente in pace tra loro, sino a quando, senza grandi spiegazioni né motivi apparenti ecco scoppiare la guerra. In questo scenario i nostri eroi scoprono un misterioso mezzo di trasporto armato, col quale decidono di mettersi in marcia per sfidare gli invasori che hanno devastato le loro terre e rapito i loro cari. Un incipit di certo non particolarmente originale, eppure…eppure Fuga riesce (vuoi per uno strano scherzo del destino legato al nome inconsapevolmente scelto dagli sviluppatori) a rifuggire dai tipici cliché di un canovaccio classico, grazie soprattutto a due elementi. Il richiamo non banale alle barbarie delle invasioni naziste da un lato e le scelta di protagonisti chiaramente distanti, se non agli antipodi, rispetto all’immagine (e all’età) del tipico eroe classico, dall’altra. Per quanto riguarda i rimandi a uno dei periodi storici più bui ed oscuri dell’umanità, è affascinante come il team sia riuscito a ricreare quella sensazione di inaspettata paura, data dal senso di oppressione di un esercito straniero dotato di grande potenza bellica, che arriva a calpestare la placida esistenza che fino a pochi istanti prima conoscevi come vita. L’utilizzo della razza di Doberman, abbreviati Berman, rimanda in maniera sottile ma esplicita alla razza ariana, di stanza nei territori tedeschi o, appunto, “germani”, così come sapiente risulta la direzione artistica capace con divise, simboli e un’azzeccatissima palette di colori di richiamare il Reich, senza mai citarlo. Chapeau, come direbbero i francesi, cui Fuga deve moltissimo in ambito stilistico.
Il fatto invece di voler vivere le vicende narrate e le lotte giocate dal punto di vista di un gruppo di piccoli e spaesati (ma determinati) bambini è un tocco di classe, se non di genio vero e proprio, su svariati livelli interpretativi. La giovane età del nostro cast aumenta il senso di stupore e raccapriccio dato dall’insensatezza della guerra in se stessa, ampliando lo spaesamento dato dalla perdita di ogni certezza. Niente più genitori, nonni, amici, e con essi viene a mancare qualsivoglia elemento di solidità nella percezione del mondo, affidandosi da sempre i bambini all’appoggio del mondo adulto, per poter comprendere la quotidianità delle proprie esistenze. Ed è così che i protagonisti ci permettono di vedere ancora meglio, in maniera ancora più vivida e sincera, quanto il conflitto bellico vada a minare le fondamenta stessa della vita di chiunque: umano, canide o felino che sia. Un senso di innocenza deturpata, capace per altro di aumentare a dismisura sia il senso di coinvolgimento nel mondo di gioco, che l’affezione per queste creature virtuali, eppure così vive e sincere, spingendoci letteralmente a dare il massimo, pur di salvarle e portare a compimento il percorso narrativo, attraverso l’ovvia componente ludica del gioco.
Non sapevo nemmeno che fosse uscito, ho amato tantissimo tail concerto e solatorobo e lo stile mi piace un sacco pultroppo mi vedo costretto a rimandarlo dato che fra poco mi arriva neo the world end e poi devo giocare cristales e baldo ma a tempo debito ci giocherò cercando di non sacrificare nessuno
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