Genesis Noir è una creatura davvero particolare: da una parte avventura punta-e-clicca, dall’altra puzzle game, ma in un certo senso anche visual novel. E’ davvero difficile trovare un genere che possa racchiudere in un unico nome tutto quello che possiamo trovare all’interno del gioco. Genesis Noir è infatti un’entità complessa, senza però essere complicata; multiforme nel gameplay, ma al contempo con un’estrema coerenza concettuale dall’inizio alla fine; difficile da tradurre a parole, ma siamo qui apposta e quindi ci si prova.
Un po’ come il protagonista della storia, il nostro alter ego No Man, un orologiaio che si ritrova immischiato in qualcosa più grande di lui. All’apparenza potrebbe sembrare un semplice triangolo amoroso che lo vede ad uno dei vertici insieme alla sensuale Miss Mass e al di lui rivale, Golden Boy, disposto a qualsiasi cosa per gelosia. Ed ecco che infatti i tre si ritrovano all’interno di una stessa stanza, insieme ad una pistola che ha lasciato partire il suo colpo mortale verso la donna. Ma lo scorrere del tempo ha un sussulto e tutto si cristallizza in un attimo sospeso nel quale No Man farà di tutto per evitare la catastrofe e fermare la vendetta di Golden Boy.
Attraverso una narrazione a ritroso raccontata tramite flashback, ricostruiamo i passaggi che hanno condotto al climax iniziale. Le atmosfere sono quelle del genere noir: fumose, sensuali e pericolose. Nel tentativo di trovare una soluzione a quello che sembra essere un finale inesorabile, viaggiamo nel tempo e nello spazio a caccia di un qualche stratagemma per salvare la nostra amata, un po’ come un detective in un poliziesco che cerca di collegare i vari pezzi per sbrogliare la situazione.
L’atmosfera noir è data da una colonna sonora dalle forti influenze jazz, come si potrebbe ascoltare in un club di New Orleans negli anni ’20. Ma non solo, il duo di compositori Skillbard è riuscito a miscelare sonorità à la Miles Davis o Ella Fitzgerald con influenze più moderne, con contaminazioni ambient ed elettroniche. Altamente suggestiva, è capace di portarci immediatamente in una predisposizione d’animo che si abbina perfettamente al genere. Altrettanto si può dire per la bicromia del bianco e nero, che ci immerge immediatamente nel mondo delle vecchie pellicole, in cui abitano immagini nella memoria collettiva come Humphrey Bogart e il suo impermeabile in Casablanca. Il gusto estetico è però molto distante dalla durezza associata a gangster e criminalità varia, preferendo invece un approccio estremamente originale e caratterizzante, grazie anche ai dettagli dorati che impreziosiscono uno stile grafico di grande pregio.
E’ quindi un enorme peccato che nella versione Switch le immagini abbiano una risoluzione non ottimale (sia in modalità portatile che alla TV), con i contorni delle immagini afflitte da evidenti problemi di aliasing, con il suo effetto “a gradini” reso ancora più evidente da linee bianche su fondo nero. Anche le animazioni di oggetti e personaggi appaiono spesso poco fluide, a penalizzare cambi di prospettive e inquadrature che, al netto delle scattosità, sono davvero originali. Purtroppo, la conversione su Switch mostra diversi problemi sul versante tecnico anche a causa di alcuni fastidiosi bug che vanno ad intaccare la visualizzazione di alcuni oggetti (che a volte compaiono e scompaiono un po’ a loro piacimento) e il suono: la scena finale e i crediti li ho giocati senza alcun sottofondo musicale. Inizialmente pensavo fosse un’ardita scelta artistica, salvo poi scoprire da un filmato in rete che si trattasse di un errore e che in realtà una traccia musicale – sempre di ottima fattura – ci sarebbe dovuta essere. Ancora, in un’occasione il software si è chiuso da solo costringendomi a ricominciare il capitolo da capo (questione di 5 minuti), oppure ho dovuto riavviare io la sessione in un paio di occasioni perché i comandi non rispondevano correttamente impedendomi di annullare un’azione e proseguire, oppure perché il mio personaggio era uscito dall’area su schermo senza possibilità di rientrare.
Nonostante queste evidenti lacune sotto il profilo tecnico, Genesis Noir riesce comunque a catturare con una delle trame più strane che abbia mai visto in un videogioco. Se finora ho approfondito soprattutto l’aspetto “noir”, non vi ho ancora spiegato in che cosa consista la parte di “genesis” (ovvero genesi, nascita). L’origine di cui si parla è in questo caso la creazione dell’intero universo: all’inizio di ogni capitolo vi è una breve spiegazione scientifica (in italiano) su alcune delle tappe fondamentali che hanno portato alla formazione della materia, allo sviluppo delle stelle, fino alla nascita delle prime forme di vita. C’è subito da chiarire una cosa: benché le spiegazioni siano molto specifiche e adottino anche una terminologia specialistica, l’intento del gioco non è assolutamente educativo. Si viene più che altro a creare una sorta di “narrazione scientifica” nella quale troviamo dei parallelismi tra le nozioni fisico-astronomiche e le vicende di No Man. Con questa nuova prospettiva, il triangolo amoroso tipico del genere noir si arricchisce di un ulteriore livello di lettura che trasforma il bang scaturito dal colpo di pistola nel Big Bang che fa da catalizzatore per la genesi dell’universo.
L’aspetto più affascinante è proprio questa sovrapposizione tra scienza, romanzo e videogioco. Prendendo spunto dalle tappe dell’evoluzione del cosmo, ci ritroviamo in un susseguirsi di situazioni che richiedono ogni volta un diverso tipo di interazione: sono per lo più azioni molto semplici che non richiedono un eccessivo sforzo cerebrale, anche se possiamo trovare comunque alcune sessioni più propriamente puzzle con enigmi veri e propri. Non mi voglio dilungare troppo su questo aspetto in primis perché le proposte sono talmente varie da rendere difficile trovare un trait d’union, ma soprattutto perché il bello è proprio la curiosità di proseguire senza sapere cosa ci si presenterà davanti ogni volta. Ad essere del tutto obiettivi, il gameplay, in sé e per sé, non è l’elemento cardine dell’intera esperienza, o quantomeno passa in secondo piano davanti ad un impianto narrativo che, nelle parti conclusive, dalla cosmologia sfocia persino in temi cosmici, come il libero arbitrio e la possibilità dell’individuo di intervenire sul corso degli eventi della propria storia personale, se non addirittura della Storia universale.
La recensione
Genesis Noir è un ottimo rappresentante di una corrente sperimentale che si sta sempre più diffondendo nel panorama indie. Nonostante delle vistose pecche sul versante tecnico, riesce a creare atmosfere d’effetto che mischiano il genere noir alla cosmogonia, prendendo spunto da ciò che la fisica ci dice per poi vestirla di un abito dalle mille trame: l’altezza dello spirituale e il terreno del carnale; la certezza della scienza e le possibilità dell’ignoto; l’amor che move il cuore e le altre stelle.