Se il prodotto sembra davvero capace di rendere omaggio alle sue radici, questo non significa che il titolo non sappia anche introdurre delle novità o risultare fresco e al passo coi tempi; se infatti è vero, da un lato, che il genere in sé sembra quasi un’ombra di sé stesso nel panorama videoludico odierno, dall’altro questo è più dovuto all’abbandono dello stesso da parte di molte case di sviluppo, più che a limiti suoi intrinseci, come Donkey Kong Country Returns (che sia il primo, o il Tropical Freeze) ha dimostrato ampiamente. In più, da un certo punto di vista Crash Bandicoot può giocare anche l’arma di una maggiore dinamicità dei movimenti di camera, come detto in precedenza, ascrivendosi al genere platform 2.5 a pieno titolo, vista l’alternanza continua lasciata al movimento dell’esplorazione dei livelli. Ma gli aspetti che piacciono di più, in ottica di riammodernamento di un franchise ormai classico, sono altri due: uno è quello legato alla direzione stilistica scelta dagli sviluppatori, l’altra è l’introduzione della dinamica delle maschere. Partendo dal lato gameplay, le maschere quantiche introdotte in questo episodio offrono la possibilità di alterare i crismi dello spazio-tempo, aiutando Crash a superare alcune situazioni davvero complicate, e il giocatore a non annoiarsi: esse sono infatti capaci di offrire momenti di varietà di ritmo e di gioco altrimenti difficili da immaginare all’interno delle dinamiche classiche del genere. Allo stesso modo, anche la possibilità di utilizzare altri personaggi dell’universo di riferimento si pone il medesimo obiettivo, pur risultando troppo circostanziale e poco sfruttata. Il risultato è comunque quello di un titolo capace di offrire discrete e piacevoli variazioni sul tema, anche grazie all’altro elemento sopracitato: la direzione artistica spesa da Toys for Bob nella creazione del mondo di gioco. O, meglio: dei mondi.
Se c’è infatti un aspetto molto riuscito in questo quarto capitolo, soprattutto se confrontato con i primi tre della saga, è l’enorme varietà di contenuti, unita alla loro varietà reciproca. La cura riposta sul versante visivo è notevole, riuscendo a ricreare numerosi scenari di gioco, molto differenziati tra loro per quanto concerne ambientazione, toni, elementi ambientali e contestuali. Ogni volta che riuscirete a completare un livello e a trovare un nuovo squarcio dimensionale, infatti, verrete catapultati in un nuovo mondo di gioco, con rimandi diversi e nuovi livelli tutti da scoprire. Che si tratti della classica foresta simil-tropicale di “bandicootiana” memoria, piuttosto che di una baia piratesca (forse l’ambientazione più riuscita di tutta l’opera), quanto messo a schermo abbonda di dettagli, straborda di particolari, offre di sé un’immagine completa, ricca e variopinta. Il tratto cartoonesco è accompagnato da una palette di colori assolutamente di grande impatto, con accostamenti di gradienti dosati con maestria e numerosi effetti di arricchimento della messa in scena, che denotano il grande impegno profuso per passione da Toys for Bob nel raccogliere la fiaccola del precedente team di sviluppo, dimostrandosi assolutamente all’altezza del compito affidato loro da Activision. Anche la cura riposta nella specifica versione Switch segue questo fil rouge, dove capacità professionali, talento e attaccamento alla propria opera si intrecciano indissolubilmente; il gioco infatti non pare tanto un downgrade di quanto già realizzato su hardware più performanti, ma un vero e proprio software studiato ad hoc per la macchina in questione: facendo una comparazione tra questa versione e altre già uscite o arrivate or ora sul mercato assieme a quella per la console ibrida di Nintendo, si notano diverse soluzioni di massa poligonale o effetti di sfocatura ambientale che appaiono come precisi interventi di semplificazione secondaria derivanti dall’ottimizzazione, cosciente e consapevole, del motore grafico per garantire ottime performance su Switch. L’effetto finale è più che valido, con una risoluzione più alta (e conseguentemente un’immagine più nitida) rispetto alla N’ Sane Trilogy, per altro accompagnata da un frame rate che appare più solido (decisamente costante attorno ai 30fps). Insomma: quanto offerto da questo episodio è più bello, si vede meglio e scorre più liscio di quanto mai accaduto prima per la saga, sulla console della casa di Kyoto.
La recensione
Crash 4 si è fatto aspettare tantissimi anni, ma per molti aspetti ne è valsa la pena. Oltre a un discreto comparto tecnico, a una notevole ispirazione artistica e a una buona dose di contenuti, It's About Time offre anche puro piacere platform d'altri tempi, pur non risultando affatto datato. La conversione su Switch è solida e il divertimento più che assicurato!
Questo è uno di quelli che mi devo prendere al più presto.
Tra le novità, di sicuro apprezzo la possibilità di usare altri personaggi, anche se, come dire voi, e come immaginavo, sarà una componente marginale. Tremo un po’ all’idea della difficoltà, ma per Crash questo ed altro.
Ultimamente mi è tornata la voglia di Platform, anche grazie alle remaster di Crash, Spyro (di cui aspetto un “quarto episodio”) e Mario. Tra gli altri titoli, sto puntando Yoka Laylee, che sembra molto carino.
Guarda, se ti è piaciuta la trilogy di Crash, questo episodio per me ti convincerà. Secondo me è il miglior platform della serie, al netto degli anni passati dalle sue origini (per cui ovviamente l’effetto novità è diluito dal trascorrere degli anni)
Non dubito. Poi confesso che crash, a differenza di spyro, non l’avevo più seguito dopo crash bash, quindi ho più che mai voglia di ributtarmi in una nuova avventura. E poi ti fanno usare Dingo, già questo vale il gioco XD
Io ho sentito parlare molto bene di “Yooka Laylee and the Impossible Lair”, il seguito in 2D in stile Donkey Kong Country. Ho provato tempo fa la demo su Switch e in effetti mi aveva fatto un’ottima impressione.
E sono molto contento di questo ritorno del genere platform: sa un po’ tutto di “effetto nostalgia”, ma spero che possa tornare in auge anche al di fuori di Nintendo.
Concordo in pieno. L’effetto nostalgia ormai si è cronicizzato in tutti i settori dell’intrattenimento, ma ben venga se vuol dire riprendere vecchie formule e applicarle alle nuove tecnologie e a nuovi soggetti.