Lievemente diverso il discorso relativo all’alchimia: aspetto fondamentale dell’intera saga e ovviamente ancora centrale anche nella serie dedicata a Ryza, questa abilità specifica consente di legare tra loro diversi aspetti del gioco in modo piuttosto sapiente. Dovete infatti sapere che girovagare sia nell’overworld che nei dungeon vi consentirà di recuperare diversi materiali (vegetali, minerali, di origine animale, oppure derivati dai numerosi mostri che incontrerete lungo il vostro cammino), che saranno la base dei vostri esperimenti. Man mano che progredirete nell’avventura, sbloccherete sempre nuove ricette, in base alle quali poter mettere in pratica le abilità alchemiche per combinare diversi oggetti tra loro, allo scopo di crearne sempre di nuovi. Utili in battaglia, ma anche per creare strumenti necessari alla raccolta di sempre più materiali sparsi per il mondo, questi oggetti verranno quindi utili sostanzialmente per procurarsi sempre più item, sconfiggendo nemici o spaccando pietre trovate lungo il percorso, che a loro volta verranno utilizzati per forgiare sempre nuovi elementi. Insomma, una sorta di circolo virtuoso dove ogni tassello vi premierà con qualcosa di utile per intraprendere la fase di gioco successiva, che a sua volta vi spronerà a tornare al calderone per aumentare l’ampiezza e la forza del vostro armamentario. Il sistema di per sé ricorda un po’ certi “skill tree” tanto cari a numerosi giochi di ruolo orientali, dotato però in questo caso di molto più senso e di molta più utilità, essendo il pilastro attorno al quale far girare tutto il sistema sopra descritto; rispetto ad altri capitoli della saga Gust, però, notiamo personalmente con piacere una certa semplificazione delle dinamiche di assemblaggio e creazione, rese più intuitive che in passato, rientrando in quell’upgrade di QOL (quality of life) che sentiamo essere necessario nell’ottica di ammodernare determinate produzioni giapponesi.
Un versante che sa di modernità sin dalle prime battute è anche quello grafico; sempre partendo da quanto già sviluppato per il primo capitolo e potendo dedicare le risorse del team non tanto al fulcro dell’esperienza, quanto alle sue migliorie, il titolo appare infatti capace di offrire un colpo d’occhio più che notevole, considerando l’hardware di Switch sul quale è stato programmato. Complici alcune limitatezze strutturali, come la presenza di aree non particolarmente ampie e collegate tra loro da brevi intervalli di caricamento, piuttosto che l’esiguo numero di elementi contemporaneamente presenti a schermo, il gioco riesce a concentrare gli sforzi computazionali in modo da offrire modelli poligonali molto ben realizzati e discretamente animati; texture ambientali raramente non all’altezza; una nitidezza dell’immagine sapientemente gestita con diversi livelli di parallasse del fuoco (nonostante l’utilizzo forse troppo accentuato dell’effetto “blur”, a tratti fastidioso); il risultato finale è un gioco di pregevole cura tecnica, oltre che artistica. Lievi tentennamenti di frame rate durante alcune fasi esplorative (altrimenti sempre granitico durante gli scontri) e alcune schermate di attesa fin troppo presenti non riescono a intaccare la sensazione di pregevole fattura che l’avventura di Gust lascerà negli occhi di molti giocatori.
La recensione
Atelier Ryza 2: Lost Legends & the Secret Fairy è un gioco di ruolo giapponese da non lasciarsi scappare; l’alternanza di esplorazione, combattimento e gestione delle risorse tramite l’alchimia offrono ore di intrattenimento di ottimo livello, sostenute da un comparto tecnico davvero più che discreto. L’ingenuità di alcune scelte narrative e lo stile fortemente mutuato dalla tradizione anime o manga potrebbero non piacere a tutti, ma sia il canovaccio che la struttura ludica convincono, accompagnandoci con piacere a seguire le gesta del secondo capitolo di questa trilogia di cui, lo ammettiamo, non vediamo già l’ora di scoprire il terzo episodio.