Dicey Dungeons: la recensione

Il dado è tratto, la genialità è servita.

Non si può mai stare tranquilli: quando pensi che il 2020 abbia dato tutto quello che ha sul piano videoludico, arriva zitto zitto un gioco indie che rischia di essere ignorato in questo periodo già zeppo di bilanci, GOTY e classifiche varie. Ebbene, Dicey Dungeons non solo merita di essere preso in considerazione, ma è anche perfettamente all’altezza di entrarci in queste benedette classifiche di fine anno. Non aspetto la conclusione di recensione per consigliare questo gioco a scatola chiusa, ma se non vi fidate, allora potete passare i prossimi cinque minuti a leggere i miei complimenti sperticati al gioco.

A colpire immediatamente è l’ambientazione: una sorta di studio televisivo nel quale vari partecipanti sono disposti ad affrontare delle sfide per esaudire il loro sogno. C’è persino chi presenta il game show, ovvero la “benevola” Dea Bendata, con tanto di microfono con asta che, per i cultori del genere, fa tanto versione statunitense di Ok, il prezzo è giusto! Questo semplice impianto narrativo è più che sufficiente per creare una cornice completamente superflua ai fini del gioco in sé, ma che è riuscita a conquistarmi con la sua ironia pungente e scambi di battute uno più divertente dell’altro (e il tutto completamente in italiano, per giunta!). Inoltre, per quanto ridotta all’osso, questa interazione tra personaggi invoglia ancora di più a cominciare subito una nuova manche, oltre a dare un minimo di tridimensionalità ai concorrenti che, per prima cosa, vengono trasformati da Dea Bendata in colorati… dadi da gioco!

Una volta cominciata una partita, veniamo catapultati all’interno di un dungeon suddiviso in sei piani: non aspettatevi esplorazione o roba simile, visto che le mappe sono costituite da semplici punti collegati tra loro e che noi dobbiamo percorrere fino a raggiungere l’uscita per il piano successivo. Il fulcro del gioco sta infatti negli scontri che dobbiamo vincere per poter attraversare il posto di blocco e proseguire nell’avventura. Per quanto, come ho già detto, non ci sia una vera e propria esplorazione, la conformazione delle mappe consente di fare delle scelte strategiche elementari, ma fondamentali ai fini della riuscita della nostra spedizione – banalmente, decidendo se rischiarcela contro un nemico per sbloccare una strada che ci consente di fare rifornimenti, oppure fare finta di nulla e andare avanti, con il rischio però di non potenziare sufficientemente il nostro personaggio. Al termine di ogni battaglia vinta ci vengono infatti conferiti dei punti esperienza e delle monete da spendere all’interno di negozi ambulanti all’interno del dungeon nei quali potenziare il nostro armamentario o recuperare importanti punti salute.

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Ma come si svolgono le battaglie? Come il titolo lascia intendere, l’intero gameplay ruota attorno all’utilizzo dei classici dadi a sei facce che fin da piccoli abbiamo imparato a conoscere (e a maledire) con i giochi da tavolo tradizionali. All’inizio di ogni turno lanciamo i dadi a nostra disposizione per poi assegnarli alle varie tessere che compongono il nostro equipaggiamento. Per esempio: il blocco “Spada” ci consente di sferrare un attacco pari al numero indicato dal dado, mentre “Ascia da battaglia” raddoppia il valore del dado, ma può essere attivato solamente con un dado dal valore non superiore a 4. Oppure, possiamo attivare altri strumenti come “Rialzo” che aumenta di uno il valore del dado da noi selezionato, oppure ancora la possibilità di combinare tra loro più dadi a crearne uno più forte.

C’è una marea di equipaggiamenti a nostra disposizione, alcuni con vincoli d’utilizzo particolari, come la scelta di un numero pari o dispari, oppure effetti che si attivano quando un contatore scende a zero man mano che utilizziamo dadi per farlo diminuire del valore corrispondente. Ci sono attacchi con cui affliggere particolari stati ai dadi che possono prendere fuoco, provocando danni a chi li utilizza, oppure venire congelati, e quindi diventare dei miseri 1. Ma ci sono anche un sacco di alterazioni all’equipaggiamento e all’avversario, come limitazioni e penalità una più diabolica dell’altra.

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