Shovel Knight è uno dei simboli più lucenti di diverse dinamiche moderne del mondo dei videogiochi. Spinto sia sul versante ludico che grafico da un potentissimo effetto nostalgia, riuscì ad attirare l’attenzione di molti utenti su Kickstarter riuscendo poi a rispettare le promesse, forse addirittura superandole. Ma non è tutto: il progetto 8-bit è anche icona dell’enorme passo avanti fatto da Nintendo in ambito di collaborazione con le terze parti, vista l’ottimo lavoro di promozione svolto dalla casa di Kyoto (che ne ha tratto non a caso anche benefici di vendita sul titolo in oggetto). In tutto questo, il mondo indie ha trovato un baluardo di successo commerciale e di critica, capace anche di ottenere il riconoscimento dei grandi player del settore, con tanto di amiibo dedicato. Insomma, Shovel Knight è una pietra miliare del recente panorama dell’industria e vederlo approdare al lancio su Switch non è poca cosa. Soprattutto perché arriva in splendida forma e con contenuti in anteprima.
Treasure Trove infatti è il pacchetto completo, che esce in anteprima sulla nuova console di Kyoto. In esso possiamo trovare sia il gioco base che le espansioni già uscite finora, affiancate però dalla nuova avventura Specter of Torment che vede come protagonista un nuovo personaggio, armato di falce. Nei panni della morte, incaricati dall’Incantatrice, dovremo mettere in scena un prequel delle gesta del gioco originario, cercando di arruolare potenti guerrieri tra le fila della nostra signora. Tali guerrieri altro non sono che i boss già affrontati in Shovel of Hope, da convincere con le brutte ad unirsi a noi. Dal punto di vista narrativo, lo sguardo da altra angolazione su vicende in parte già note è sempre affascinante, così come l’approccio estetico e sonoro scelto da Yacht Club Games, capace di ritrasmettere in toto la sensazione dei giochi di una volta, con tanto di schermate di scorrimento a singhiozzo, con quel piccolo momento di pausa nel caricare la “stanza successiva”. Anche se ribadiamo un punto di vista: l’effetto nostalgia più riuscito è quello degli effetti sonori, con campionature che sembrano uscire direttamente dagli anni ’80/’90.
Un altro elemento fortemente retrò è quello poi della giocabilità, con particolare riferimento alla difficoltà. Il titolo è un puro adventure a scorrimento orizzontale, con forti componenti di platform e di combattimento. Come per le precedenti parti di avventura, la capacità richiesta al giocatore è tanto mnemonica quanto di riflessi, per poter affrontare al meglio le tante “micro sfide” ideate dagli sviluppatori per ogni singolo quadro. Non un trial and error puro, ma semplicemente un gioco che richiede concentrazione dall’inizio alla fine anche per superare i più piccoli e banali nemici od ostacoli: lo studio dei pattern di attacco o movimento degli elementi ambientali, siano essi mostri o piattaforme, diventa quindi fondamentale per poter proseguire nell’avventura, soprattutto in relazione alle nostre capacità di movimento o attacco. Ed è qui che Torment rielabora al meglio la sua natura: i livelli sono infatti gli stessi della prima campagna, ma riorganizzati per meglio rispecchiare le doti del nostro nuovo avatar, in termini di mosse di base e capacità di spostamento. La sensazione, come anticipato, è affascinante, nel ripercorrere scenari conosciuti ma interpretati in un’ottica completamente aggiornata.